Rischio e prevenzione del tumore della prostata

Con l’avanzare dell’età molti uomini sono sempre più preoccupati della salute della propria prostata e della possibilità di ammalarsi di tumore della prostata. Questo non stupisce vista la quantità sempre maggiore di informazioni disponibili su questa malattia e il numero delle celebrità che sono state trattate o che sono decedute per tale causa. Il fatto è che il carcinoma prostatico è negli uomini il più comune tumore e la seconda causa di morte per tumore. Ogni anno negli USA il carcinoma della prostata viene diagnosticato a 200.000 uomini e circa 27.000 morirà a causa di esso.

 

Nei confronti di altri tumori, il trattamento del carcinoma della prostata è più complesso. Esso è l’unico la cui crescita è stimolata dall’ormone sessuale maschile chiamato testosterone. Inoltre oggigiorno vi sono molte più controversie riguardo al tumore della prostata rispetto ad ogni altro aspetto della salute. I medici continuano ad avere molti punti di disaccordo riguardo al miglior modo di prevenire, diagnosticare e trattare questa malattia. Cosa significa questo? Significa che fino a quando non si è correttamente informati riguardo a queste controversie si rischia di prendere cattive decisioni che possono influenzare la sopravvivenza o la qualità della vita.

 

Il tumore della prostata è più frequente e più pericoloso nella razza nera e negli uomini con una storia famigliare di carcinoma prostatico. Se il padre o il fratello di un soggetto ne hanno sofferto il rischio per quel soggetto è raddoppiato. Se a contrarre il tumore alla prostata sono stati due parenti di primo grado il rischio è di 8 volte superiore alla media.

Gli uomini asiatici che vivono negli USA hanno un rischio maggiore rispetto ai connazionali che vivono in Asia. Si pensa che questo sia dovuto alla dieta. E anche senza nessuno di questi fattori di rischio un uomo su sei può ricevere una diagnosi di tumore della prostata.

 

Poichè l’ormone sessuale maschile testosterone aiuta le cellule tumorali a proliferare, gli uomini che assumono testosterone possono essere preoccupati che questo rappresenti un rischio di contrarre la malattia. Ad oggi, comunque, non è stato dimostrato nessun pericolo per gli uomini che assumono testosterone quando i livelli nel sangue sono bassi.

 

DIETA

Tutti vorremmo sapere se c’è qualcosa che possiamo fare per ridurre il rischio di contrarre il tumore alla prostata. La dieta è ritenuta un fattore responsabile di numerose malattie, compreso il carcinoma prostatico. Sebbene alcuni studi segnalino alcuni cibi come protettivi o pericolosi, la verità è che non siamo assolutamente sicuri di quello che si dovrebbe mangiare o evitare per ridurre il rischio. La ragione è che non sono stati mai fatti studi affidabili per fornire risultati sicuri.

 

Se comunque un soggetto vuole fare qualcosa di utile ed evitare ciò che potrebbe danneggiarlo allora si possono considerare alcuni accorgimenti dietetici. Sebbene non siamo definitivamente sicuri che in tal modo riduciamo il rischio di tumore della prostata possiamo però sentirci meglio senza fare nulla di pericoloso.

 

Alcuni accorgimenti potrebbero essere:

- conoscere il proprio fabbisogno calorico e le calorie che i cibi contengono

- sostituire cibi ricchi di grassi e di zuccheri aggiunti con verdura, frutta, cereali e latte ricchi di principi nutritivi

- limitare gli acidi grassi saturi a meno del 7% delle calorie totali e gradualmente passare a consumare acidi grassi insaturi

- limitare il colesterolo nella dieta a 300 mg al giorno

- mangiare pesce azzurro due volte alla settimana

- mangiare carboidrati ricchi di fibre come cereali integrali, verdura, frutta

- limitare il sale a 1,5 g al giorno

- limitare il vino a 1 bicchiere a pasto

 

Alcuni studi hanno identificato che certi cibi potrebbero avere un impatto sul tumore della prostata. Le crucifere, i pomodori, i broccoli potrebbero avere un ruolo protettivo mentre le carni rosse e i cibi grassi potrebbero aumentare il rischio. Nessuno di essi è stato studiato approfonditamente per cui non siamo sicuri che possano realmente fare la differenza. Di nuovo però, le persone motivate possono considerare questi cibi se vogliono modificare la propria dieta.

 

 

INTEGRATORI ALIMENTARI

Cosa dire di erbe, vitamine e integratori? Sono utili o dannosi? Le aziende produttrici non possono affermare che essi prevengono o trattano una malattia se ciò non è dimostrato da studi condotti correttamente. Sfortunatamente la legge non regolamenta adeguatamente la pubblicità. Spesso gli annunci dicono: “Gli studi scientifici dicono che…” e questo può far pensare che l’assunzione di una certa sostanza abbia un razionale scientifico. In realtà raramente questi studi sono di buona qualità e molto spesso sono risultati di ricerche condotte in laboratorio o su animali piuttosto che su esseri umani. Quindi questi risultati non autorizzano a fare conclusioni esatte e purtroppo il pubblico non è al corrente della debolezza di questi studi.

 

Ciononostante, la mancanza di evidenze scientifiche non detiene le persone dall’assumere queste sostanze. Si dice che anche se qualcosa non aiuta comunque può non far male. Sfortunatamente anche questo può non essere vero. Quando studiati appropriatamente, erbe, vitamine e integratori talvolta causano effetti collaterali. Essi possono anche interagire con farmaci che un soggetto assume per altri motivi, alterandone gli effetti.

 

Ci sono tre sostanze che sono state studiate appropriatamente: vitamina C, vitamina E e selenio. Il confronto con placebo (vale a dire una sostanza inattiva) ha dimostrato che nessuna di queste sostanze è in grado di ridurre il rischio di tumore alla prostata.

 

FARMACI

La finasteride e la dutasteride, due farmaci usati comunemente per il trattamento dell’ipertrofia prostatica benigna, sono stati oggetto di importanti studi allo scopo di verificare se l’assunzione cronica di queste sostanze fosse in grado di ridurre il rischio di tumore alla prostata. Entrambi i farmaci agiscono inibendo la conversione del testosterone, l’ormone sessuale maschile, nella sua forma attiva nelle cellule, il diidrotestosterone o DHT. Il risultato che producono è una diminuzione delle dimensioni della prostata e, con il tempo, un miglioramento dei sintomi minzionali. Osservato che tali farmaci prevenivano la crescita del carcinoma prostatico nei topi, si è pensato che essi potessero allo stesso modo ridurre il rischio di contrarre la malattia negli uomini.

 

Nel primo studio, uomini tra 55 e 74 anni senza evidenza di carcinoma prostatico, sono stati assegnati a ricevere finasteride 5 mg e placebo una volta al giorno per 7 anni. Ogni anno ogni partecipante allo studio veniva sottoposto a esplorazione rettale e dosaggio del PSA. Se uno o entrambi i test risultavano anormali il paziente veniva sottoposto a biopsia prostatica. Sebbene era stato richiesto a tutti i partecipanti di sottoporsi alla biopsia prostatica alla fine dello studio molti rifiutarono. Il carcinoma prostatico è stato diagnosticato al 24,4% dei pazienti che assumevano placebo e al 18,4% dei pazienti che assumevano finasteride. Questo significa che è necessario trattare 16 uomini per 7 anni per evitare che uno riceva diagnosi di tumore alla prostata. Inoltre gli uomini che assumevano finasteride hanno avuto altri benefici: una minor percentuale di essi ha lamentato disturbi della minzione ed è andata incontro a ritenzione urinaria. Il farmaco però ha causato alcuni effetti collaterali: 1 uomo su 13 ha notato una riduzione della quantità di liquido seminale emesso durante l’eiaculazione; 1 uomo su 20 ha riscontrato disturbi dell’erezione; 1 su 20 ha riscontrato una diminuzione del desiderio sessuale e 1 uomo su 50 ha notato un ingrandimento delle mammelle. Di solito questi effetti collaterali scompaiono quando il farmaco viene sospeso.

Diversi interrogativi rimangono tutt’ora aperti: l’assunzione del farmaco riduce il numero di uomini che muoiono di tumore alla prostata? E’ necessario continuare ad assumere la finasteride o i benefici permangono anche dopo la cessazione del farmaco? Sarebbero necessari ulteriori studi per rispondere a queste domande.

Sebbene la finasteride riduca la percentuale di uomini che ricevono diagnosi di carcinoma prostatico alcuni medici hanno posto due interrogativi: primo, i tumori prevenuti con l’assunzione del farmaco sarebbero stati pericolosi per la vita? Se così non fosse perché preoccuparsi di assumere il farmaco? Il secondo interrogativo riguarda il maggior numero (solo lievemente superiore al gruppo placebo) di tumori più aggressivi riscontrati nel gruppo trattato con finasteride. I ricercatori coinvolti nello studio hanno spiegato che il farmaco non induce lo sviluppo di tumori più aggressivi, semplicemente diminuendo il volume della prostata facilita il reperimento di tali tumori.

 

Nel secondo studio, uomini con età compresa tra 55 e 70 anni con pregresse biopsie prostatiche negative per tumore sono stati assegnati a ricevere dutasteride 0,5 mg o placebo una volta al giorno per 4 anni. Lo studio prevedeva l’esecuzione di biopsia prostatica a tutti i partecipanti a metà e al termine dei 4 anni, e ovviamente in tutti i casi in cui fosse sorto il sospetto. Questo studio è stato eseguito per due ragioni. Dal momento che la biopsia della prostata può fallire nel reperire il tumore quando questo è presente si è pensato che la dutasteride potrebbe ridurre la velocità di crescita del tumore. L’altra ragione è che il farmaco potrebbe ridurre le probabilità di un uomo di ricevere diagnosi di carcinoma prostatico.

I risultati dello studio sono stati: diagnosi di tumore prostatico nel 25% del gruppo placebo e 19,9% nel gruppo dutasteride, che significa che dutasteride ha ridotto il rischio di tumore in circa 1 uomo su 20 che assumevano il farmaco. Un altro beneficio del gruppo dutasteride è stato che 1 uomo su 20 ha evitato lo sviluppo di ritenzione urinaria.

Di nuovo alcuni esperti ritengono che la maggior parte dei tumori “prevenuti” fossero quelli che non sarebbero stati pericolosi per la vita. Quindi in realtà il farmaco non darebbe un significativo vantaggio. Un altro problema è il maggior numero di tumori a veloce crescita che è stato trovato nel terzo e quarto anno nel gruppo dei pazienti trattati con dutasteride. Come nello studio precedente questo è stato relazionato alla maggiore facilità di reperimento dei tumori nelle prostate piccole (ricordiamo che la dutasteride riduce le dimensione della ghiandola). Per ultimo non sappiamo se sia necessario continuare ad assumere il farmaco per il resto della vita per fruire del beneficio. Può essere che il minor rischio di tumore ritorni quello di prima una volta terminata l’assunzione del farmaco?

La finasteride e la dutasteride non sono mai stati approvati con l’indicazione ad assumerli per ridurre il rischio di tumore prostatico, essi comunque continuano ad essere commercializzati per il trattamento dei sintomi da ipertrofia prostatica benigna.

 

In conclusione se un paziente vuole ridurre il proprio rischio di tumore della prostata, nonostante gli interrogativi ancora aperti riguardo a questi farmaci come agenti di prevenzione per il carcinoma prostatico, può discuterne con il proprio medico.